APIS MELLIFERA – biologia

L’ape domestica costituisce la società animale più studiata ed ammirata. È una società matriarcale, monoginica e pluriannuale, formata da numerosi individui appartenenti a tre caste, tutte alate.
Di norma in un alveare vivono una regina, unica femmina fertile, 40 000 – 100 000 operaie, femmine sterili destinate al mantenimento ed alla difesa della colonia, e, tra aprile e luglio (in Europa), da 500 a 2000 maschi (detti anche fuchi o pecchioni), questi ultimi destinati esclusivamente alla riproduzione. La specie è polimorfica perché le tre caste hanno conformazioni morfologiche diverse tra loro.

La regina, straordinariamente prolifica, ha il compito di deporre le uova e di assicurare la coesione della colonia; essa è la prima a sfarfallare fra le regine allevate dalla famiglia, è più grande delle operaie e dei fuchi e provvista di un aculeo, o pungiglione, che usa quasi esclusivamente per uccidere le regine rivali, sue sorelle, pronte dopo di lei allo sfarfallamento. A differenza delle operaie, essa è priva dell’apparato per la raccolta del polline, delle ghiandole faringee e delle ghiandole ceripare. La regina può vivere anche 4 o 5 anni. In relazione alla sua intensissima attività riproduttiva ha un metabolismo più elevato di quello delle operaie, ed ha i corpora cardiaca più sviluppati, mentre i corpora allata sono meno sviluppati che nelle operaie.

La regina è dotata di 150-180 ovarioli e di una spermateca; è distinguibile, appunto, per l’addome più voluminoso. Le operaie sono dotate di 2-12 ovarioli e di una spermateca rudimentale. Esse presentano caratteri morfo-fisiologici dei quali alcuni (ad esempio il numero di ovarioli) sono indotti o inibiti dalla regina stessa mediante l’azione di feromoni; altri caratteri sono indotti dal tipo di alimentazione ricevuta nello stadio larvale (es. maggiore sviluppo dei denti dell’aculeo, maggiore lunghezza della ligula, presenza nelle zampe di strutture per la raccolta del polline, presenza delle ghiandole della cera, etc.) sulla cui estrinsecazione agiscono sostanze chimiche “rivelatrici” sui tratti cromosomici che li contengono codificati secondo i meccanismi oggi noti dell’epigenetica.

Le operaie costituiscono una casta monomorfa e omogenetica, che ripartisce le varie attività sociali secondo le classi di età, cui corrispondono cicli di sviluppo e di regressione di alcune ghiandole esocrine. La vita media di un’operaia (da immagine) è intorno ai 30 – 45 giorni; è più lunga se l’ape nasce in autunno e perciò destinata allo svernamento.

Per lo sviluppo dei centri di coordinazione cerebrali (corpi peduncolati), le operaie si rivelano capaci di prestazioni straordinarie, quali la possibilità di trasmettersi informazioni con una sorta di linguaggio simbolico. Esse svolgono, inoltre, compiti diversi in ordinata successione dei ruoli a seconda dell’età. Il primo compito della giovane operaia che sfarfalla dalla cella in cui si è sviluppata, è quello di ripulire e levigare le celle di nuova costruzione o quelle che devono essere riutilizzate, nelle quali la regina, sebbene fecondata una sola volta nella vita, depone incessantemente le uova (da 100 fino a 3000 al giorno). Poi, diventata capace di produrre la “pappa reale” (per lo sviluppo delle ghiandole sopracerebrali che la secernono), l’ape operaia passa ad alimentare le larve. Allo scadere della seconda settimana, non producendo più alimento, bensì cera (per regressione delle ghiandole sopracerebrali e sviluppo delle ghiandole cerigene), passa a costruire favi. Indi passa all’esterno dell’alveare, prima per la sola difesa, poi per l’importante compito di bottinatrice, ossia di raccoglitrice di nettare, polline, propoli ed acqua. In questa veste, essa è in grado di trasmettere precise informazioni alle compagne sulla esatta ubicazione di una sorgente di cibo, anche molto distante (fino ad un massimo stimato in 3 chilometri), comunicando dati sui rapporti di posizione tra campo fiorito, alveare e sole. La sua abilità di percepire luce polarizzata le consente di individuare la posizione del sole, anche se questo è coperto da nubi, purché sia visibile un’area di cielo sereno. Alla fine di poco più di un mese riprende mansioni casalinghe (ventilazione e riscaldamento del nido, sua pulizia e difesa, etc.), fino a che, sentendo vicina la fine, si allontana dalla comunità e muore lontano da essa per non contaminare l’alveare col suo cadavere. Nelle operaie l’ovopositore si trasforma in una efficientissima arma, il pungiglione, dotata di autonomia e di automatismi tali da assicurare il massimo delle possibilità offensive.

I maschi hanno soltanto il compito di fecondare le nuove regine; essi sono più grandi delle operaie ma più piccoli della regina; hanno la ligula molto più corta di quella delle operaie, e perciò sono incapaci di succhiare il nettare dai fiori e privi dell’aculeo, dell’apparato di raccolta del polline, delle ghiandole faringee e delle ghiandole ceripare.
Appena sfarfalla, la nuova regina è presa da una frenesia ed emette un singolare ronzio (un ”trillo territoriale” di 1,5 – 2 kHz, registrabile anche fuori dell’arnia) ottenuto sia per vibrazione alare e/o toracica, sia per emissione di aria dagli stigmi; dopodiché si avvicina alle celle delle altre ‘principesse’ sue sorelle e, una dopo l’altra, le uccide tutte. Allora cessa il ronzio, si porta all’ingresso dell’alveare ed inizia il volo nuziale.
Essa si innalza a grandi altezze, seguita dalla folla dei fuchi, il più possente dei quali la raggiunge ed ha luogo, in volo, il primo accoppiamento. La copula comporta l’inevitabile morte del maschio, poiché i suoi organi genitali restano infissi nel corpo della femmina ed esso deve strapparli per allontanarsi.
Mentre il maschio precipita morto verso il suolo, la regina plana sull’alveare, dando alle operaie, in tal modo, un segnale in seguito al quale esse assalgono ed uccidono con il loro pungiglione gli altri fuchi; nessuno di essi si salva perché i pochi superstiti non sanno nutrirsi da sé, essendo stati nutriti sempre dalle operaie per trofallassi oro-orale, e perché il loro apparato boccale di suzione è più corto di quello delle operaie e non potrebbero succhiare il nettare. Questa lotta non costa alcuna vittima tra le operaie, sia perché i fuchi non hanno alcun mezzo di difesa (sono maschi, quindi privi di ovopositore, cioè di pungiglione), sia perché possono agevolmente ritirare il loro pungiglione (diversamente da quanto avviene se l’ape punge un vertebrato). Talvolta, però, in caso di sovraffollamento della colonia, le operaie impediscono alla nuova regina di uccidere le sorelle, ed allora anche una ulteriore nuova regina sciama (risciami).

Giorni Uovo  Larva Pupa Totale
Regina  2n  3  5,5  7,5  16
 Operaia  2n  3  6  12  21
 2n  3  6,5  14,5  24
Per due giorni tutte le larve vengono alimentate con la gelatina (pappa reale), dopodiché le larve dei fuchi e delle operaie ricevono principalmente miele e polline, mentre le larve delle regine continuano ad essere nutrite con gelatina reale.
Ciascuna larva, accrescendosi, subisce 5 mute; quindi la sua cella viene chiusa con un opercolo di cera, e la larva racchiusa all’interno si tesse un sottile bozzolo nel quale si impupa. La pupa subisce una metamorfosi completa, ed infine taglia l’opercolo della cella con le proprie mandibole per sfarfallare come giovane ape. Il tempo di sviluppo per ciascuna casta è standardizzato, grazie alla termoregolazione nell’alveare.
Le larve destinate a formare le future regine si impupano dopo 15-16 giorni di vita; quelle che sono destinate e diventare operaie subiscono la prima metamorfosi a circa 21 giorni, mentre i maschi non si impupano prima di avere raggiunto i 24 giorni di vita.
Dalla larva, eucefala (con capo evidente) ed apoda (priva di zampe), si produce una pupa adectica (cioè quasi del tutto immobile), exarata (munita di appendici libere e distaccabili) ed evoica (chiusa in bozzolo). Tutti vivono allo stadio di pupa per un periodo che è diverso per ciascuna casta, quindi si trasformano in adulti ed escono dalla loro cella.
La regina compie il volo nuziale a 5-6 giorni dallo sfarfallamento e, dopo pochi giorni, comincia a deporre le uova in numero maggiore in primavera ed estate e nelle giornate più calde. Solo durante l’inverno essa sospende la deposizione, tranne i paesi dove la stagione invernale è contrassegnata da un clima particolarmente temperato.
La regina abitualmente feconda tutte le uova, in modo che da esse nascano solo operaie. Solo in primavera non ne feconda un certo numero, in modo che nascano i maschi; questi sono destinati a vivere solo fino al giorno dell’accoppiamento. Nello stesso periodo la regina depone, nelle celle reali (più grandi), anche le uova destinate a formare altre regine

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